Conosco da anni una signora estremamente gentile e dedicata alle opere di carità.
Ma a quelle vere: donne straniere in carcere, per esempio. Diverse volte, mi ha detto, quasi vergognandosene: non capisco la preghiera dei contemplativi. Dei religiosi che dedicano un paio di ore al giorno alla preghiera, pur avendo molte opere buone da fare. O delle suore di clausura, che fanno ruotare tutta la loro giornata intorno ai tempi della preghiera. Ed io sul momento non ho mai avuto il coraggio di iniziare con lei un discorso serio sul tema.
La preghiera di richiesta, per il credente, è comprensibile a molti. Ma quella di contemplazione?
Quella
nella quale il tempo non conta perché si è davanti a Dio Padre, o a Cristo
Crocefisso o allo Spirito Divino ?
Eppure tante persone dell’Occidente “cristiano” cercano in
Oriente, o nei movimenti New Age, forme di spiritualità, di elevazione dal
quotidiano verso l’assoluto.
Non verso il Dio cristiano, però. Quello che si è rivelato
nella storia dell’umanità come ci è raccontato nella Bibbia.
Dopo anni di vita religiosa, io non sono diventato un buon ‘pregatore’
anche se appartengo ad un ordine religioso che si chiama dei
‘predicatori’. Dopo pochi minuti penso ad altro: ad altre cose buone, ma non a
Dio e ai suoi Misteri.
Un vecchio frate, studioso di storia della spiritualità
cristiana, morto da tempo, mi diceva che aveva voluto entrare subito dopo la
guerra mondiale in un Ordine religioso monastico, ma che si era accorto (come
io ora) che durante la lunga preghiera comune gli venivano alla mente non
stupidaggini, ma problemi teologici e filosofici.
Appunto: la preghiera non è riflessione discorsiva sui massimi sistemi e sui grandi problemi dell’umanità e sulle possibili soluzioni.
Lo ho già confessato: non sono abitualmente un gran ‘pregatore’,
ma a volte mi sembra di andare vicino all’essenza dell’esperienza di preghiera.
E’ quando dimentico i miei temi di riflessione professionali (attualmente sono
soprattutto interessato all’intreccio tra la Storia della Salvezza e la Storia
dell’Umanità).
E’ quando riesce ad
astrarmi da me stesso, dalla mia situazione, e vedo e sento i problemi di tanti
uomini e donne, bambini e vecchi, ricchi e poveri, che hanno in comune la fame,
l’abbandono, il disorientamento, la speranza. E tutti sono ugualmente
importanti, come i problemi che li angustiano. O gli avvenimenti che li fanno
gioire.
Li considero lungo il percorso della loro vita, lungo il
loro arco esistenziale, e li vedo spesso deboli come me, e generosi a volte,
come me, ma soprattutto li vedo sotto lo sguardo di Dio che li ha creati perché
siano amati, li ha curati nella loro vita pur rispettando la loro libertà, ma
soprattutto li attende al fine del loro sentiero individuale per rivelare loco
so è il vero amore, il voler il bene dell’altro.
Aristotele ci ha insegnato che il fine della vita è la conoscenza (teoretica) di Dio. Noi cristiani diciamo che Dio stesso ci ha in più rivelato che Egli ci ama.
Il Dio cristiano ha il viso del Cristo dei
Vangeli, di Madre Teresa e – se permettete - di papa Francesco.
Questo è il nucleo della mia preghiera cristiana. Forse solo
per questo periodo, ma comunque mi sembra autentica preghiera.
E’ un sentire tutti i problemi di tutte le persone, anche
del passato, ma sotto lo sguardo di Dio, dal suo punto di vista. Quello
assoluto: sotto il punto di vista dell’eternità, sub specie aeternitatis. Ma soprattutto sotto il potente sguardo
benevolo ed amorevole di Dio.